Stefano Francis Spelar
“Fresca, libera, folle”. Così Stefano Francis Spelar, classe 1980, italoamericano naturalizzato francese ma che guarda alla vita con gli occhi di Roma, definisce la propria pittura. Una pittura fortemente gestuale che cavalca la materia, con tele che invischiano nelle gioie del colore oggetti qualsiasi, sottraendoli al quotidiano. Ciottoli, matite, sacchi, pennelli, macchinine e persino pettini e rolli da parrucchiere, imbrigliati in lacci di pigmento: nulla sfugge a questo pastiche dell’ironia. Elementi che, cristallizzati in una nuova dimensione, s’intrecciano tra loro e si mescolano talora a scritte e graffiti, dando vita a significati inediti e rivisitando il vissuto, individuale e collettivo. Stefano è artista: scrive poesie, suona, dipinge, recita e lavora nel cinema. Nato e cresciuto a Roma e maturato in Francia con un Bachelor in Liberal Arts all’American University of Paris, conosce a fondo la técne e la sua storia. Si rivela sottilmente ed appositamente citazionista per affinità, ammirazione e sintonia celebrale con i Maestri, non per sterile emulazione. E’ surrealisticamente vagabondo come Dalì. Ama l’objet trouvé come Duchamp. Dipinge “forte” su una tela comodamente adagiata a terra come Pollock, per – confessa Spelar – “uccidere la gravità e gustare il lavoro nel suo divenire, come davanti ad una tavola imbandita”. Tele sparse di rosso, argento e nero, con talvolta un guizzo “docile e dolce” di giallo di Napoli, cariche di un’espressività eclettica e di contrasti cromatici e segnici. Spelar lavora sul pigmento, sulla sua medesima natura, sull’affascinante sinergia con cui interagiscono gli elementi tra loro: preparazioni e colle, solventi e vernici. La perizia tecnica si affianca al virtuosismo. E’così che tutta l’energia di esperienze diverse, dal teatro alla musica alla poesia, così come le sofferenze e le sensazioni più epidermiche, scivolano sulla superficie pittorica trovando una specifica canalizzazione materica al di là di ogni coordinata temporale.